giovedì 2 aprile 2015

Il cotone

Dalla pianta al tessuto di moda




Il cotone, il cui termine deriva dall’arabo katun ovvero "terra di conquista", presente prima del secondo millennio avanti Cristo in India e in Perù, fu introdotto dai Saraceni prima in Sicilia nel IX Secolo e poi in tutta Europa attorno al 1300. Considerato un prodotto d’importazione, difficile da filare, rimase per lungo tempo un tessuto di lusso al pari della seta. In Europa famose erano le impalpabili stoffe di cotone indiano dipinte. Al loro arrivo in America, gli europei trovarono il cotone coltivato in Messico, Perù e Brasile: specie locali, diverse da quelle del vecchio mondo. Le tecniche del XVIII secolo permisero l’intensificare della coltivazione e, soprattutto nel Sud degli Usa, l’invenzione della macchina sgranatrice nel 1792, diede un forte impulso alla diffusione della coltura negli stati compresi tra l’Atlantico e la valle del Mississippi. Oggi la coltivazione è diffusa nelle regioni tropicali e temperate calde di tutte le parti del mondo, dove si cerca continuamente d’intensificarla ed estenderla. Tra le fibre vegetali il cotone è senz’altro la più diffusa. Le più vaste coltivazioni di cotone si hanno in Egitto, Pakistan, Sudan ed Europa Orientale, dove crescono le qualità migliori, o in paesi con una stagione umida e una secca Stati Uniti, India, Cile, Brasile. È composto principalmente di cellulosa e si presenta come un tessuto leggero, morbido ed assorbente. I suoi svantaggi sono la tendenza allo strappo e l'infiammabilità, per questo le industrie sottopongono i tessuti ad un trattamento chimico che li rende resistente alla propagazione della fiamma. Inoltre è anche poco elastico, e quindi molto sgualcibile. Questo inconveniente è limitato nei tessuti che subiscono il trattamento antipiega ottenuto con resine utilizzate durante procedimenti di finissaggio. Il sistema di filatura può avvenire in due modi: il pettinato, che è quello maggiormente diffuso o il cardato.