
La leggenda vuole che sia stata l'imperatrice cinese Xi Ling Shi, quattordicenne, a scoprire le potenzialità di questa fibra tessile. La bachicoltura fu tenuta segreta per secoli dagli imperatori cinesi, anche se tale lavorazione approdò anche in Giappone, Corea e India. Solo nel 550 d.C., attraverso l'impero Bizantino, la seta raggiunge l'Occidente. Curiosa è la sua storia: si narra che monaci dell'imperatore Giustiniano importarono uova di baco nascoste nel fondo di alcune canne. Fu allora che il monopolio cinese di questo tessuto ebbe fine. Iniziò quindi un periodo particolarmente fecondo per i filati italiani, con i primati di Palermo, Catanzaro e Como. La seta è prodotta dal "baco" che diventato adulto dopo tre o quattro settimane comincia a secernere un filamento, di lunghezza variabile tra i 350 metri e i tre chilometri, con il quale forma un bozzolo. All'interno del bozzolo il baco diventa crisalide e poi farfalla, che uscendo dal guscio di fili ha il tempo di deporre le uova e morire. A questo punto i bozzoli vengono trattati con un processo chiamato “sgommatura”, che permette di eliminare la sericina. Una volta trovati i capi del filo del bozzolo vengono arrotolati sugli aspi e poi lavorati al filatoio. A seconda del tipo di filo e di lavorazione si possono ottenere diversi filati di seta. I tessuti in seta sono tantissimi, a seconda del tipo di filato e della trama. Il filato più grezzo, quello che presenta delle “fiammature” diventa shantung, seta cruda o bourette. I filati più sottili danno vita a tessuti più fluidi: voile, georgette, chiffon, crepe, crepon e raso, e infine diventa più rigido in taffetà, organza e twill (usato per cravatte). Per l'arredamento, e non solo, la seta si declina in velluto, broccato e lampasso. Senza dimenticare, però, il tessuto duchesse, mikado e razmir.









